CONFRONTO TRA PROEMI (LEGGI ATTENTAMENTE)
CANTO 2° INFERNO DANTESCO
Questa prima parte della DIVINA COMMEDIA ha lo
scopo di presentare gli avvenimenti invitando il
lettore a proseguire la lettura proprio per curiosità (come andrà a finire?).
VEDIAMO I PROEMI DELL'ANTICHITA' (CHE DANTE HA
SICURAMENTE LETTO): ILIADE, ODISSEA, ENEIDE
ILIADE
L’Iliade è destinata ad ascoltatori più che a
lettori. Il poeta presenta, fin dalla prima parola del suo componimento, il
motivo dominante di tutto il poema : l’IRA, persistente e duratura, tipica degli
dei - nell’Iliade viene infatti citata come caratteristica di Apollo - quando,
in seguito ad un’offesa personale, infieriscono sugli uomini attraverso carestie
o pestilenze.
Il vero protagonista del poema non è, dunque, Achille né lo è Ettore o forse
Agamennone, ma l’ira.
Il poeta invoca la Musa (Calliope, per la poesia epica) come ispiratrice del suo
canto, depositaria unica e divina del suo genio e della sua sapienza.
Nell’invocazione alla Musa si fondono un atteggiamento di carattere letterario e
al contempo religioso, consacrati entrambi dalla tradizione.
L'Iliade tratta della guerra di Ilio, nome antico di
Troia. Paride, troiano,
aveva rapito Elena, la moglie di Menelao acheo (greco), e questi chiese aiuto al
potente fratello Agamennone che armò un esercito per conquistare Troia. Aveva
finalmente una scusa per conquistare quel prospero regno. Tra le file dei greci
c'era Achille, il guerriero più forte, invincibile perchè immortale. E c'era
anche Odisseo, ovvero Ulisse, molto astuto. L'Iliade finisce col
duello tra
Achille e Ettore, principe troiano, vinto dal greco.
I principali eventi narrativi del poema, lo sdegnoso ritiro di Achille dal
combattimento, l’intervento della madre Teti, la volontà di Zeus, la sconfitta
degli Achei, la morte di Patroclo e la sua vendetta da parte di Achille tornato
alla lotta, sono sentiti e organizzati come direttamente conseguenti all’ira
dell’eroe. Tale principio unitario rende tale l’Iliade e non più una serie di
canti separati, ed assolve alla doppia funzione di punto di partenza causale e
motivante di tutto il poema e come punto di raccordo tra il poema stesso e il
vastissimo quadro delle leggende epiche.
ODISSEA
L'Odissea è la continuazione dell’Iliade. Si
salta il passaggio di come i Greci entrano a Troia, con lo stratagemma del
cavallo spacciato per un dono a Poseidone e fatto entrare entro le mura di
Troia. Dentro vi era nascosta una pattuglia di greci (lo racconterà poi
Virgilio, ma all'epoca ci doveva sicuramente essere un altro poema che lo
raccontava). I greci hanno distrutto Troia e Odisseo ha saccheggiato il tempio
di Poseidone dio del mare, dei cavalli e dei terremoti, che si vendica non
facendolo più tornare a casa, e condannandolo a essere sballottato da una
tempesta all'altra e da un naufragio all'altro. Le terre che Odisseo visita sono
abitate dai personaggi più strani e fantasiosi. E' lo stesso Odisseo che le
racconta, a partire dal V libro. Nei primi quattro c'e' l'antefatto: il figlio
di Ulisse, Telemaco, aspetta il padre ormai da 20 anni, mentre la madre
Penelope
è costretta a disfare la tela per non sposarsi con nessuno dei pretendenti (ai
quali si era promessa in moglie quando l'avesse finita). Telemaco decide di
partire per cercare il padre. Il padre nel frattempo racconta le sue storie.
Quindi il re dei Feaci, Alcinoo, al quale Odisseo ha raccontato le sue storie lo fa perdonare da
Poseidone. Odisseo cosi torna a casa, e con l'aiuto di Telemaco e della dea
Atena che lo protegge fa strage dei pretendenti della moglie e torna a regnare.
Il poema si apre con l’invocazione alla musa, affinché ella narri le avventure
di Odisseo, re di Itaca, dopo la caduta di Troia.
L’eroe dal multiforme ingegno affronta nei dieci anni di peregrinazione numerosi
pericoli, pur di far ritorno in patria insieme a chi ha condiviso il suo
destino. Dopo aver a lungo sofferto, riesce a salvare se stesso, ma non i
compagni che, per essersi empiamente cibati dei buoi sacri al dio Sole, vengono
puniti con la morte.
ENEIDE
L'Eneide è la storia di Enea,
troiano in fuga
dalla sua città saccheggiata da Odisseo e compagni. Una tempesta lo fa affondare
prima a Cartagine (Tunisia), dove ha una storia d'amore con la regina Didone (e le
racconta dell'inganno del cavallo di Troia). Ma Enea abbandona Didone, e la
regina gli lancia maledizioni che Cartaginesi e Romani saranno sempre nemici.
Ecco perchè le guerre puniche. Poi Enea approda nel Lazio, combatte contro
Turno
e i Rutuli, che abitavano lì e sposa Lavinia, figlia del re Latino. E da lui
nasce la discendenza che porterà a Rea Silvia, Romolo, Remo e la fondazione di
Roma.
Il proemio dell' Eneide è una vera e propria introduzione alla storia. I temi
principiali svolti nel proemio sono senza dubbio quelli della volontà divina
che
è superiore a tutte le cose, della nascita di Roma con la celebrazione della
"Gens Iulia", alla quale guarda caso appartiene Ottaviano Augusto
(primo imperatore), e la giustificazione
della supremazia di Roma su tutte le terre.
Immancabile l'invocazione alla Musa, che vuole sottolineare come i poemi omerici
siano senza dubbio fonte d'ispirazione. Il protagonista di questo poema epico è
Enea figlio di Anchise e della dea Afrodite. Il destino di Enea è succube della
volontà divina, è un destino di sofferenza. Le
Parche così avevano deciso,
avevano in serbo un progetto grande per lui: fondare la città più potente di
qualsiasi altra partendo dalla stirpe troiana.
METTIAMOLI A CONFRONTO
L'Iliade è il più antico. Abbastanza statico
nell'azione, approfondisce la struttura psicologica solo di alcuni personaggi,
ma con molta abilità di analisi.
E' l'epica della guerra, delle virtù guerriere e del
sacrificio per la Patria;
della pietà per i valorosi caduti e del disprezzo per i codardi.
L'Odissea è il poema dell'avventura dell'eroe, che combatte per il
ritorno in
patria, ma non disdegna avventure amorose o i misteri del mondo conosciuto e
sconosciuto (l'Ade).
L'Eneide, poema epico-elogiativo, prende spunto, nella prima parte,
dall'Odissea, nella seconda dall'Iliade.
L'elemento elogiativo è l'esaltazione della stirpe di Enea, dal cui figlio,
Ascanio Julo, avrebbe preso origine la "gens julia", stirpe di Cesare e di
Augusto (Ottaviano, primo imperatore).
Tutti e tre sono poemi epici (raccontano una
storia gloriosa) in esametri (versi di sei sillabe molto scattanti, adatti per
cose di guerra e facili da ricordare per i
cantastorie che li recitavano)
Iliade e Odissea sono stati scritti nell'ottavo secolo a.C., forse entrambi da
Omero. Non si sa, ne discutevano già nell'antichità. Sicuramente l'Iliade è più antico. L'Eneide l'ha scritta Virgilio nel primo secolo a.c. per celebrare
la storia di Roma e del primo imperatore romano, Ottaviano Augusto.
Iliade, Omero
Canta, Musa divina, l’ira di Achille figlio di Peleo,
l’ira rovinosa che portò ai Greci infiniti dolori,
e mandò sottoterra all’Ade molte anime forti
d’eroi, e li lasciò in preda ai cani ed a tutti
gli uccelli: così si compiva il volere di Zeus –
da quando si divisero, in lite l’uno con l’altro,
il figlio di Atreo, capo d’eserciti, e il nobile Achille.
Odissea, Omero
L’uomo, cantami, dea, l’eroe del lungo viaggio, colui che errò per tanto tempo
dopo che distrusse la città sacra di Ilio. Vide molti paesi, conobbe molti
uomini, soffrì molti dolori, nell’animo, sul mare, lottando per salvare la vita
a sé, il ritorno ai suoi compagni. Desiderava salvarli, e non riuscì; per la
loro follia morirono, gli stolti che divorarono i buoi sacri del Sole: e
Iperione li privò del ritorno.
Virgilio,
Eneide, 1-11 (è scritto in latino, lingua che non conosci. Meglio la traduzione)
Arma virumque cano,...
Canto le armi e
l’uomo che per primo dalle terre di Troia
raggiunse esule l’Italia per volere del fato e le sponde
lavinie, molto per forza di dèi travagliato in terra
e in mare, e per la memore ira della crudele Giunone,
e molto avendo sofferto in guerra, pur di fondare
la città, e introdurre in Lazio i Penati, di dove la stirpe
latina, e i padri albani e le mura dell’alta Roma.
O musa, dimmi le cause, per quali offese al suo nume,
di cosa dolendosi. la regina degli dei costrinse un uomo
insigne per pietà a trascorrere tante sventure, ad imbattersi
in tanti travagli. Tali nell’animo dei celesti le ire?
IL NOSTRO DANTE
Canto 2° Inferno Dante (vv.7-9)
O muse, o alto ingegno, or m’aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.
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